Dolce violenza

26.08.2012 11:46

 

Dolce violenza

Il copione l'avevamo ripassato più e più volte. L'avevamo scritto in e-mail, ne avevamo parlato al telefono. Finalmente arrivò il momento di viverlo. La camera dell'albergo era quasi al buio. Io ero in bagno, chiuso dentro. Lei spinse la porta ed entrò nella camera. Si spogliò completamente, si mise un foulard nero come benda e si sdraiò sul letto. Pochi secondi dopo, uscii dal bagno e la legai al letto con due spezzoni di morbida corda. Feci in modo che non potesse muovere le braccia, mentre lasciai libere le gambe. Presi dal frigobar un succo di frutta, lo stappai e cominciai a versarlo su di lei. Sul petto, sul seno, sopra i capezzoli, lungo il ventre, sulle gambe e sulle braccia. Versai ciò che  rimase sul suo sesso, tra le grandi labbra. Il contatto del liquido freddo la fece rabbrividire e gemere di piacere. Lentamente cominciai a leccare tutto il liquido sparso sul suo corpo, che ripulii completamente. Per ultimo, leccai quello su i capezzoli e infine quello sulle labbra del suo sesso, ormai dischiuso e bagnato più di umori che di succo di frutta. Continuai fino all'orgasmo. La mia lingua guizzava rapida tra le piccole labbra, sulla clitoride e s'insinuava rapidamente in vagina. Quando venne le infilai tutta la lingua dentro, sollevando con un braccio il bacino, per entrare al massimo di quanto umanamente possibile. Mi piacque sentire i suoi umori inondarmi la bocca! Poi sollevai le sue gambe e la penetrai, molto profondamente. La possedetti a lungo, stringendo tra di loro le sue caviglie, per farle sentire in pieno la durezza e la grandezza del mio sesso in piena erezione. Con un ultimo affondo, venni sull'ingresso del suo utero, inondandolo di sperma. Rimasi fermo a gustare il morbido abbraccio del suo sesso e il dolce impatto che ancora mi regalava la sua cervice, essendo ancora io in piena erezione, malgrado il recente orgasmo (questo è un dono che ho da sempre). Poi estrassi il membro, fradicio dei suoi umori e gocciolante di sperma e lo avvicinai alle sue labbra. La sua bocca si aprì, come per riflesso, e lo vidi sparire quasi tutto. Succhiò con forza ( malgrado fosse legata) e s'impegnò talmente tanto da ricevere presto in bocca corposi fiotti di sperma. Tornai a leccare il suo succoso frutto e la feci ancora venire.

Le sciolsi i legami, andai in bagno e mi chiusi dentro. Lei si tolse la benda e andò via. Non volle ripulirsi. L'aveva già detto per telefono: voleva portare dentro di sè il mio seme, che lentamente, sarebbe colato sulle mutandine, rinnovando l'eccitazione di quel momento. E non volle nemmeno sciacquarsi la bocca, per avere in bocca il gusto di maschio, che lei tanto ama. Il sapore di un maschio sconosciuto e perciò fuori da ogni ragione, istintivo, animalesco...